SALON PALERMO

testo critico di Antonio Grulli

SABRINA ANNALORO
MATTIA BARBIERI
ENNE BOI
ANNA CAPOLUPO
SILVIA CAPUZZO
COSIMO CASONI
GABRIELE ERMINI
ALESSANDRO GIANNì
JIMMY MILANI
MATTIA SINIGAGLIA 

Inaugurazione sabato 10 luglio 2021 ore 18.00
dal 13 luglio al 18 settembre 2021


RizzutoGallery è lieta di presentare SALON PALERMO, collettiva incentrata sugli aspetti formali della nuova pittura. La mostra, con un testo critico di Antonio Grulli, presenta il lavoro di 10 artisti italiani:

SALON PALERMO

critical text by Antonio Grulli

SABRINA ANNALORO
MATTIA BARBIERI
ENNE BOI
ANNA CAPOLUPO
SILVIA CAPUZZO
COSIMO CASONI
GABRIELE ERMINI
ALESSANDRO GIANNì
JIMMY MILANI
MATTIA SINIGAGLIA 

Opening Saturday 10 July 2021 at 6.00 pm
from 13 July to 18 September 2021


RizzutoGallery is pleased to present SALON PALERMO, a group show focused on the formal aspects of the new painting. The exhibition, with a critical text by Antonio Grulli, presents the works of 10 Italian artists:

Viste dell’installazione | Installation views

Testo critico di Antonio Grulli

E se una delle risposte ai problemi del mondo dell’arte di oggi fosse il Salon? Proviamo a pensarci, senza provocazioni. Questo formato che suona così polveroso, così ottocentesco e portatore di ingiustizie nei confronti del nuovo e della sperimentazione, potrebbe forse essere appropriato anche per i nostri giorni.

Quali risultati immediati è possibile ottenere ricorrendo alla modalità espositiva del Salon? Il primo è quello di riportare al centro della mostra l’opera d’arte. Gli organizzatori dei Salon non devono seguire o inventare temi pretestuosi o analisi delle ultime presunte evoluzioni stilistiche o di linguaggio dell’arte, come spesso accade nelle mostre. Questo mette in scacco i curatori, i quali troppo spesso sono soliti rendere funzionali, e quindi secondarie, le opere rispetto alla teoria e all’idea che anima le loro mostre, quasi fossero solo pezzi di un macchinario, o di una catena di montaggio in cui l’artista finisce per vivere la stessa frustrazione dell’operaio fordista incapace di riconoscersi nel prodotto del proprio lavoro.

Al contrario, in un Salon ogni opera vive della propria indipendenza e solitudine, come un universo a sé stante, autonomo e completo; ed è possibile semplicemente selezionare lavori ritenuti di qualità. Ancor di più questo accade nel caso della pittura, benedetta da cornici fisiche e concettuali capaci di tenere fuori le curatele furbette e parassitarie.

Tutto questo potrebbe avere ancor più senso oggi, in un momento in cui ogni tipo di arte, ogni tipo di stile, ogni tipo di tematica è possibile; una verità applicabile anche alla pittura, protagonista di questa nostra mostra. Il ritorno in auge della pittura ha infatti coinciso con l’apertura a ogni tipo di possibilità espressiva. L’astratto ha la stessa forza e la stessa attualità del figurativo. Il sogno visionario e surreale suona vivo come la ricerca sull’astrazione geometrica.

Salon Palermo ne è una dimostrazione evidente seppur all’interno di un ambito figurativo legato a una dimensione visionaria. Infatti le opere qui in mostra si tengono tra loro, grazie a una delle pochissime linee rintracciabili oggi all’interno della pittura, quel percorso legato ad una tradizione che per semplicità si potrebbe definire surrealista, soprattutto debitrice di pittrici come Leonora Carrington, o all’espressionismo europeo tra le due grandi guerre.

Nel caso di Sabrina Annaloro (Palermo, 1989), i soggetti affondano in una dimensione mitologica, arcaica e fuori dal tempo, immersa in uno stile e in atmosfere surreali dalla forte potenzialità narrativa. Attinge molto da pitture esotiche e orientaleggianti. Spesso le sue scene vedono il corpo soggetto a processi di trasformazione e metamorfosi in cui svanisce completamente il confine tra uomo e natura, e quello tra uomo e animale.

Mattia Barbieri (Brescia, 1985) invece realizza dipinti in cui l’aspetto formale e pittorico riacquisisce centralità. Il quadro viene costruito dal pittore seguendo un processo molto complesso e ricco. La superficie diventa il campo di battaglia in cui segni grafici, incisioni, cifre, e dettagli materici interagiscono alla pari con la composizione pittorica vera e propria. I soggetti visionari e quasi alieni, seppur funzionali ad esaltare la pittoricità del quadro, non rivestono un ruolo secondario: sono elemento ricorrente in cui declinare gli elementi plastici del suo fare pittura.

Enne Boi (Cantù, 1989) è invece l’artista che in questa mostra maggiormente richiama un certo espressionismo del secolo scorso, soprattutto di matrice tedesca e del nord Europa. Seppure alterata e deformata, la figura è spesso al centro dei suoi quadri. Ma l’aspetto formale anche in questo caso è il fine stesso del quadro. I corpi e gli elementi della natura sono resi selvaggi e primitivi attraverso una pittura al tempo stesso violenta e elegante, che porta in sé’ un’anima classica e antica. La superficie a olio viene spesso sfumata dall’utilizzo dell’aerografo e dello spray.

La pittura di Anna Capolupo (Lamezia Terme, 1983) nasce da un rapporto privilegiato con il genere della natura morta. Il piano orizzontale, quasi sempre presente nei suoi quadri, diventa palco di un calmo teatro surreale fatto di elementi della vita quotidiana, dettagli anatomici e magici incidenti narrativi. Spesso vi è una dominante cromatica in cui viene immerso il quadro, e da cui 

abilmente si discostano pochi elementi sottolineati proprio dalla loro diversità, ottenendo in tal modo un effetto disturbante e straniante.

Silvia Capuzzo (Merano, 1996) è l’artista maggiormente “astratta” della mostra. Ma le sue pennellate larghe e sinuose, da cui emerge l’amore per la materia pittorica, continuano a mantenersi aggrappate alla realtà e alla rappresentazione. I corpi fluidamente si muovono nella scena e sono realizzati con pochi dettagli: si vedono soprattutto braccia, che acquisiscono un ruolo centrale. E’ una pittura virtuosa e all’apparenza veloce, in cui il punto di vista straniante e l’ingrandimento di parti di realtà concorrono – assieme al modo di dipingere – alla creazione del risultato finale.

Le opere di Cosimo Casoni (Firenze, 1990) si inseriscono in un filone che risale alla pittura Dada e concettualmente eclettica del secolo scorso. Il quadro è in questo caso sia un lettino autoptico del dipingere sia un campo giochi in cui sperimentare e dedicarsi al proprio piacere. Le superfici vengono popolate da Cosimo con una moltitudine di elementi di natura diversa: le parti pittoriche figurative finemente realizzate sono accostate brutalmente a tag rubate dal contesto urbano, la grafica si mescola con i segni più violenti del fare pittorico, come graffi e raschiature, ottenendo in tal modo veri paesaggi pittorici autonomi.

Anche i lavori di Gabriele Ermini (Firenze, 1996) vivono di questa complessità della superficie pittorica, in cui segni di natura differente coesistono in maniera significativa, e in cui i colori classici si mescolano all’aerografo e ad altre tecniche. Spesso la figura umana è al centro della scena in maniera quasi scultorea, resa con colori acidi e spesso piatti ma deformata nelle forme in modo simile a quello che è possibile ottenere attraverso i computer o l’animazione digitale.

Nonostante i dipinti di Alessandro Giannì (Roma, 1989) abbiano spesso un soggetto tratto da internet o dai nuovi media, il risultato finale è estremamente pittorico e riesce a rendersi indipendente quasi del tutto dal suo spunto iniziale. I quadri infatti sono resi con campiture aggressive e accostamenti di colore coraggiosi. Le immagini vengono violentemente deformate in risultati vicini all’espressionismo, e nelle sue scene accade sempre qualcosa di magico e difficilmente decifrabile.

Jimmy Milani (Savigliano, 1995) realizza dipinti in cui le meditate e progettate composizioni fatte di piatte campiture pittoriche sono ottenute con pochi colori ben distinti tra loro. Le opere attingono molto dal mondo dei fumetti, delle fiabe acide, della grafica e delle illustrazioni, trasferendo tutto su un piano pittorico mantenuto indipendente attraverso una non comune capacità di creare immagini potenti e magnetiche. E’ come se Jimmy fosse in grado di coniugare la grande tradizione della metafisica italiana con il mondo dei videogame low-fi degli anni novanta.

Con Mattia Sinigaglia (Castiglione delle Stiviere, 1989) torniamo nel mondo della pittura sfumata e poetica in cui magia, mito e ricerca scientifica si mescolano in maniera incantata. Anche nel suo caso, come in Jimmy Milani, vi è un ricorso talvolta alle sagome tridimensionali che interagiscono con la superficie pittorica, seppur con risultati differenti. I colori si confondono e mescolano, in una realtà sognata e sognante, composta di elementi simbolici così come di segni grafici.

Questo è il gruppo di artisti arrivato a Sud, per il Salon Palermo. Si tratta di una migrazione ciclica, già accaduta in passato, della pittura verso il sole, la vita, i colori, il calore. Un movimento necessario della pittura, lontano dall’ermeneutica e dal concettualismo del nord, per abbracciare l’erotismo della visione, della magia e del mistero. Nuovamente. Questa volta a Palermo, in Sicilia, in quel cuneo dell’Europa che sembra spingersi in Nord Africa e in Medio Oriente.

ANTONIO GRULLI

Opere | Artworks