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Francesca Polizzi

Puoi parlarmi un po’ di te?

Non trovo facile parlare di me, in generale preferisco l’osservazione e l’ascolto. Se ho voglia di esprimermi tento di farlo attraverso quello che faccio.

Come e quando ti sei avvicinato/a all’arte?

Ho sentito sin da piccola un interesse all’arte e ho sempre voluto intraprendere questa strada, anche se non subito ho potuto scegliere studi artistici.

Dopo la maturità scientifica e un primo anno di università in riabilitazione psichiatrica, ho definitivamente scelto di iscrivermi in accademia al corso di scultura.

Diverse motivazioni e vissuti mi hanno sempre più portata a perseguire questa ricerca.

Quali sono gli artisti cui guardi? E perchè?

Se dovessi rintracciare delle origini salde mi riferirei certamente all’arte informale, ma anche alla Bourgeois, Hesse e Beuys; ma penso che in base alla ricerca che si sta affrontando in un determinato momento possono esserci risonanze specifiche con diversi artisti. 

Puoi parlarmi della tua ricerca artistica?

La mia ricerca artistica è fortemente legata al materiale e al significato che questo può assumere in un processo osmotico tra il vissuto e la forma, tra analogia e contrapposizione, antitesi.

L’immagine per me assume così una nuova struttura, una nuova configurazione, secondo un processo circolare di emersione che sospende la forma e la sua temporalità. 

In questo senso diventa limite tra l’emersione della forma e il suo nascondimento, una forma intermedia della presenza.

Qual è il materiale preferito? E perchè?

Il materiale che da un po’ di tempo utilizzo maggiormente è la lana grezza, ma ultimamente sto anche lavorando con altri materiali naturali come la cera d’api e la colofonia. 

La lana è un materiale arcaico, una materia prima, oggi quasi una scoria, ma è una fibra che si ricollega idealmente a un significato esistenziale. Naturalmente implica diversi processi di lavorazione, che per me hanno già dalla tosatura una particolare importanza nello stesso processo di ricerca. Tecnicamente ha la capacità di fondere insieme le proprie fibre per stratificazione, nella creazione di feltri; processo primitivo di tessitura, che molto spesso sta alla base dei miei lavori. Diventa fibra capace di dare forma e di riceverla, di coprire e generare la superficie.

La struttura ordinata e organica delle fibre di lana, quasi una esostruttura protettiva, esige spesso  e si integra di una ulteriore struttura esterna di metallo in un dialogo materico contrastante.

Quanto è importante il processo?

Il processo per me è fondamentale già dal reperimento del materiale. I materiali che scelgo e che utilizzo sono naturali, grezzi, primordiali. Il fatto stesso che sono generati da un ulteriore processo organico è per me affascinante e allo stesso tempo significativo. Più che materiali potremmo definirle materie prime, che implicano una lavorazione, esigono un processo. La ricerca per me nasce dall’origine, così come l’emersione dell’immagine nasce dal vissuto profondo, in cui il divenire ammette infinite soluzioni, quasi una purificazione.

Il processo di infeltrimento ad esempio sembra avere lo scopo di controllare e allo stesso tempo mantenere l’irrequietezza della lana stessa, ovvero la sua componente animale.

La costruzione strutturale e di stratificazione, materiale e concettuale, è presente nei lavori e ne determina l’immagine, anch’essa solo una forma e una traccia sospesa di tale processo.

A cosa stai lavorando adesso?

Continuo a sperimentare stratificazioni su lana; ultimamente sto ulteriormente lavorando sulla superficie, utilizzando anche velature di altri materiali. 

Ho in progetto altre istallazioni con feltro e acciaio. Ma sto anche lavorando a una nuova serie di lavori con la colofonia.

Puoi parlarmi del tuo studio?

Lo studio è per me il luogo dove riesco a sentirmi veramente felice, e dove il tempo è scandito soltanto dall’esigenza e dalla necessità di ricercare e comprendere.

In attesa di concretizzare uno studio ad Aachener Straße..! lavoro in uno spazio al piano inferiore di casa mia, ma ne apprezzo la luce, la calma e la comodità che mi consentono di lavorare con concentrazione. 

Cosa ti eccita di più del tuo fare arte?

Mi eccita il semplice fatto di esserci dentro e di sentirmi in questo modo realmente viva; il sentire una reale motivazione e un senso concreto di esistere. 

Come trascorri il tuo tempo quando non lavori?

Trovo sempre più raramente del tempo davvero libero, la libertà è sempre condizionata..!

Ma in generale mi piace viaggiare o dedicare del tempo ad altri interessi o passioni che mi fanno stare bene, e che mi nutrono. 

Cosa ti appassiona?

Mi appassiona studiare e approfondire alcuni argomenti che si collegano ai miei interessi, mi piace collezionare fotografie, cartoline antiche e oggetti curiosi.

Sono appassionata di tango argentino.

Qual’è il più grande desiderio?

Se è il più grande, allora è anche il più segreto..!

Da piccola mi dicevano che se dici una cosa segreta, questa non si avvera…!

Puoi dirmi il libro, il disco, il film e il piatto preferito?

Tutto questo è molto soggetto a variazioni in base al momento…

Per adesso ascolto spesso vari dischi di tango, in particolare Di Sarli, El Jaguel.

Ritorno molto volentieri sulle Poesie di Pavese, ma ho iniziato a leggere La peste, di Camus.

Non saprei scegliere un piatto preferito in assoluto, in genere preferisco la carne o il pesce.

Mi piace molto Persona, di Bergman, e Lo specchio, di Tarkovsky; rivisti recentemente.

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