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Azzurra Messina

Azzurra Messina ritratto

Puoi parlarmi un po’ di te?

Sono nata a Palermo il 10 giugno 1994, ho frequentato l’Istituto Tecnico del Turismo, ma ho compreso, quasi immediatamente, che non rispondeva pienamente alla mie aspirazioni. Pertanto, sono approdata all’Accademia di Belle Arti di Palermo, scoprendo finalmente un mondo a me più affine, nel quale le persone condividevano le mie stesse ambizioni ed idee.

È stato quello per me un momento di vera e propria metamorfosi, laddove tutto sembrava aver preso forma e iniziare nuovamente.

Ho scelto la facoltà di Pittura nella consapevolezza di poter esplorare diversi materiali, ed ho infine conseguito entrambi i diplomi.

Come e quando ti sei avvicinato/a all’arte?

È paradossale per me rispondere a questa domanda, perchè in realtà l’approccio è stato del tutto naturale, se penso che da sin da bambina la mia vocazione artistica era già marcata ed il disegno era già un metro espressivo e di comunicazione ricorrente.

Nonostante ciò, questa tendenza nella mia prima adolescenza sembrava andare svanendo. Tuttavia, durante l’ultimo anno di scuola superiore, intrigata forse dalle lezioni di arte e letteratura al liceo, ho ripreso nuovamente a disegnare con una ritrovata passione.

Per la prima volta ho iniziato a disegnare senza nessun tipo di “references”; erano disegni parecchio surrealisti che temevo potessero apparire criptici.

Devo però ringraziare mio fratello, il quale mi ha incoraggiata a perseguire e proseguire su quel viatico, fugando le mie insicurezze.

Quali sono gli artisti cui guardi? E perchè?

È difficile poter rispondere, poiché sono tanti gli artisti ai quali presto attenzione, anche quelli emergenti nelle piattaforme online, quali Instagram.

In generale, penso di aver sempre osservato gli artisti fiamminghi, l’arte giapponese, l’arte tedesca del primo ‘900 (il gruppo Die Brucke).

Più avanti, mi sono avvicinata all’arte contemporanea, attratta in particolare dagli anni Novanta e dal Post-Human.

Adoro la figura di Matthew Barney ed ancor di più della sua ex moglie Bjork, nonché cantante e mia artista preferita. 

Puoi parlarmi della tua ricerca artistica?

Da sempre il mio interesse si è certamente sviluppato intorno all’idea di un individuo che, inserito in una società malata, è in costante pericolo psicologico. Le differenti inquietudini individuali mi affascinano. La mia in particolare, attraverso le creazioni, consente di creare una ragnatela invisibile che collega le mie paure a quelle più estranee. 

Vorrei arrivare a percepire l’animo altrui, ma spesso la mia ricerca è volta verso la sfera autobiografica, laddove infanzia, ambiguità sessuali, crescita ed eventi “traumatici”, delineano una storia che, se raccontata, può divenire una fiaba ironica e forse spassosa.

Non è certo mia intenzione scandalizzare il pubblico, nonostante spesso accada, piuttosto divertirlo attraverso storie talvolta crude che intenderebbero sdrammatizzare con un sorriso.

Il processo si snoda poi previa la sperimentazione dei più disparati materiali, partendo dal disegno, fino ad arrivare al movimento con animazioni 2D e 3D.

Qual è il materiale preferito? E perchè?

Ritengo sia la penna e la carta, forse perchè riesco ad intravedere in questi materiali qualcosa di estremamente familiare e semplice, oltre al fatto che il disegno rimane il mezzo più intrigante, ancor più della pittura stessa.

Quanto è importante il processo?

Non do particolare importanza al processo artistico, piuttosto credo di essere più attratta dal risultato finale, semmai dei miei lavori mi interessa ancor più la precisione, e credo sia questo l’unico “evento” che mi consente di essere più fredda ed analitica.

Pertanto, se dovessi accostare il momento creativo al “processo”, potremmo affermare che nel mio stato mentale assume maggior rilevanza una sincerità pura, non filtrata da pensieri progettuali.

A cosa stai lavorando adesso?

Al momento, sto lavorando in particolare a progetti orientati verso una sfera più digitale, partendo da foto modificate attraverso software specifici, ad esempio “Photoshop”. 

L’intento di queste trasformazioni è quello di trasportarci in un luogo lontano, quasi alieno, abitato da ambigui personaggi i quali, attraverso il loro aspetto inquietante, raccontano un mondo ove poter rifugiarci. 

Mi sto altresì avvicinando al suono e la musica e vorrei sempre più inserirli, non tanto quali connotazioni di eventuali video, piuttosto come elementi portanti delle opere. 

Non a caso, sono sempre più attratta dal mondo tridimensionale, avendo già sperimentato il mio primo e piccolo ambiente virtuale, laddove tutti gli elementi citati hanno un ruolo equalitario.

Puoi parlarmi del tuo studio?

Non avere un vero e proprio studio potrebbe apparire limitante per chiunque lavori in questo ambito.

Spesso mi ritrovo anch’io a dover ricercare spazi più congeniali, dovendomi interfacciare con materiali più ampii, quali stoffe o grandi tele, e ciò può risultare piuttosto frustrante, ma talvolta lo stesso “limite” può alimentare la spinta motivazionale.

Cosa ti eccita di più del tuo fare arte?

Sembrerà banale, ma talvolta sembra di possedere uno strumento magico tra le mani che ti permette di realizzare ogni visione in diverse forme, anche tramite il mezzo telematico.

Senza dubbio, fare arte mi fa sentire più forte, sicura e meno vulnerabile nel quotidiano.

Come trascorri il tuo tempo quando non lavori?

Lo trascorro comunque pensando al mio lavoro ed al mio futuro, spesso confrontandomi con persone in cui ho piena fiducia e con le quali posso avere uno scambio schietto e proficuo.

Se non sto pensando al mio lavoro, sto sicuramente ascoltando della buona musica, forse cantando, leggendo, oppure giocando ai videogames o semplicemente incontrando amici.

Cosa ti appassiona?

Se tolgo di mezzo l’arte, sicuramente la prima cosa che mi viene in mente è la musica.

Non faccio altro che ascoltare musica e penso sia la forma d’arte più alta e che mi emoziona più di un quadro stesso. È l’espressione che riesce sempre a toccare più corde nella mia sfera emozionale.

In generale, sono tante le cose che mi appassionano, come l’informatica, il mondo di internet e tutte le sue stranezze, i social, che trovo sempre più un mondo a noi ormai integrato, l’idea di robotica e la figura del cyber, ma anche i videogiochi, la moda, la poesia, i fumetti, i romanzi, i drammi, i documentari e le interviste delle mie celebrità preferite, potrei anche concludere col cibo spazzatura.

Rispondendo a questa semplice domanda mi diverte notare come sono tutt’ora ancorata ad un mondo sospeso tra gioco e maturità.

Qual’è il più grande desiderio?

Riuscire ad essere finalmente serena e non avere più paura delle mie stesse paure avviandomi in un futuro dove potrò gestirmi da sola, senza alcun aiuto esterno.

Puoi dirmi il libro, il disco, il film e il piatto preferito?

Premesso che è impossibile rispondere a questa domanda, con una preferenza secca ed assoluta. Proverò comunque a rispondere di impeto:

il libro preferito, forse “Le notti bianche” di Dostoevskij; 

il disco – impossibile sceglierne uno, direi fra i tanti – Medulla di Bjork;

il film, mi viene da pensare a Jurassic Park di Spielberg;

il piatto preferito, senz’altro la pasta all’amatriciana. 

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