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Gummy Gue

Ritratto Gummy Gue

Puoi parlarmi un po’ di te?

Parlare di se stessi non è la cosa che mi riesce meglio, suppongo di essere una persona irrequieta, in continua ricerca di qualcosa. Mi ritengo in grado di trovare nell’ascolto e nell’osservazione un gradevole stato di calma e piacevolezza. Ho un andamento emotivo altalenante, ma quando mi entusiasmo riesco a dare il massimo delle mie possibilità.

Come e quando ti sei avvicinato/a all’arte?

Sono nato in un clima familiare favorevole, circondato da libri d’arte, dove l’espressione artistica è stata da sempre il leitmotiv del nostro vivere quotidiano. Da bambino disegnare era un gioco che non finiva mai, ricordo fogli che si accumulavano ogni giorno, caratterizzati da linee decise e colori vivaci. Disegnavo animali e dinosauri, inventavo personaggi e fumetti fino a scoprire la pittura, quando un giorno sono arrivati i graffiti.

Quali sono gli artisti cui guardi? E perchè?

Mi piacciono tantissime cose di diversa natura, l’ispirazione può arrivare da sorgenti impensabili. Ammiro molto il linguaggio e la ricerca di Sol LeWitt, la misteriosa ironia del codice visivo di Alessandro Mendini, l’affascinante virtualità delle forme e dei colori di Momo e la forza primigenia e sublime del lavoro di 108.

Puoi parlarmi della tua ricerca artistica?

Non so bene cosa cerco, ma ogni giorno metto a fuoco sempre di più il risultato di un percorso. Prima c’era solo un’espressione liberatoria e molto istintiva, adesso c’è più controllo, rigore e un intenso studio nella fase progettuale che rappresenta il momento della creatività. 

Una ricerca verso la sintesi che tende a manifestare vibrazioni positive e serene, nella rappresentazione di uno spazio flessibile, un dialogo aperto con l’architettura e l’ambiente. Mi interessa soprattutto comunicare delle sensazioni attraverso un’astrazione ben definita.

Quando ho l’opportunità di intervenire nello spazio pubblico cerco di creare nuovi luoghi, nuovi possibili scenari, in bilico tra reale e virtuale.

Qual è il materiale preferito? E perchè?

Mi piace lavorare su qualsiasi supporto e con diverse tipologie di materiali, non ho particolari preferenze. Intervenire su superfici urbane rimane l’aspetto centrale del mio lavoro, ma proprio per questo certe volte mi diverto di più dedicandomi a progetti differenti con materiali diversi.

I materiali che ho utilizzato di più nel mio percorso sono vernice a spray, idropitture murali, resine per pavimentazioni sportive e acrilico.

Quanto è importante il processo?

La nascita e lo sviluppo di un’idea avvengono in maniera differente, a volte tutto comincia dal nome che scelgo per un progetto di cui non conosco la forma, nella sensazione scaturita dal nome cominciano a svilupparsi immagini che prima di prendere vita vivono per molto tempo nella mia mente, successivamente il lavoro comincia a strutturarsi in maniera sempre più definita.

All’inizio il caos, anche se si parte sempre da ricerche raggiunte da lavori precedenti. Ci si muove in mari conosciuti, ma la rotta è sempre ignota. Il contesto dove operare può suggerire chiavi di accesso. La razionalità può strutturare anche le fasi iniziali, ma l’innesto, la nota giusta, arriva dopo una profonda immersione. 

La metodologia del processo creativo è presente ma bisogna riscoprila nuovamente, per attivare nuovi entusiasmi.

A cosa stai lavorando adesso?

Mi dedico a diversi progetti, ultimamente mi diverte molto lavorare su Siesta, una linea di tende a moschiera realizzate in piastrelle di pvc. 

L’idea nasce in Sicilia, dalle suggestioni percepite in alcuni luoghi del litorale orientale, dove queste tende sono tipicamente utilizzate nei bar, nelle gelaterie, nei mini-market. Un filtro alla troppa luce, all’invadenza degli insetti, alla calura estiva, ma anche uno schermo che crea all’interno una penombra che avvolge sapori e languori. Si evocano così scenari costieri, riposi pomeridiani, la calma delle ore più calde del meridione assolato.

Puoi parlarmi del tuo studio?

L’ambiente cambia in base al lavoro da realizzare. Quando dipingo lo faccio in una veranda luminosa della casa dove abito, all’ultimo piano di un condominio a Catania, lavoro con la luce naturale.

Quando progetto al computer mi trovo un pò ovunque, ma soprattutto nella camera dove sono cresciuto. Lo studio vero e proprio si trova al piano terra del condominio, che definisco studio di notte.  Un piccolo ambiente adatto alla produzione di lavori che non necessitano di una forte illuminazione. Per la documentazione fotografica vado sul tetto del palazzo.

Cosa ti eccita di più del tuo fare arte?

Una sensazione di libertà, la possibilità di relazionarsi con inedite scelte espressive, diventare quasi invisibili per trasformarsi in forme e colori.

Come trascorri il tuo tempo quando non lavori?

Generalmente quando sono in casa leggo, sfoglio immagini, guardo documentari e mi piace vagare sulla rete.,

Il tempo libero è per me una pausa che mi rigenera, ed è lo spazio privato dove inconsapevolmente affiorano nuove idee, che nella quiete trovano il coraggio di nascere.

Cosa ti appassiona?

Mi piacciono gli ambienti luminosi, fare colazione al bar, le prime rondini giunte dall’africa, il fresco degli androni nei pomeriggi estivi in Sicilia, mangiare al ristorante, i graffiti, il mare di settembre, le passeggiate sul vulcano.

Qual’è il più grande desiderio?

Vivere serenamente e rinnovare sempre questo slancio creativo che mi ha sempre accompagnato, avere uno studio luminoso, uno spazio da condividere con mio fratello per dedicarci alle nostre attività artistiche.

Puoi dirmi il libro, il disco, il film e il piatto preferito?

Non ho classifiche rigide, in modo spontaneo mi vengono in mente: 

l’Odissea, La voce del padrone, Andrej Rublëv, la pasta aglio olio e peperoncino.

Gummy Gue  Opere / Arworks 

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