Forme uniche nella continuità dello spazio

da un’idea di Luigi Presicce

Presentazione
Comunicato
Immagini installazione
Testo di Luigi Presicce
Artisti in mostra
Opere

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FORME UNICHE NELLA CONTINUITÀ DELLO SPAZIO

da un’idea di Luigi Presicce

Thomas Berra

Maurizio Bongiovanni

Giovanni Copelli

Gianluca Di Pasquale

Pesce Khete

Valerio Nicolai

Aryan Ozmaei

Vera Portatadino

Luigi Presicce

Andrea Salvino

Davide Serpetti

Inaugurazione:  Sabato 19 gennaio 2019, ore 18

Fino al 16 marzo 2019

Dal martedì al sabato, dalle 16 alle 20

Comunicato

RizzutoGallery è lieta di ospitare “Forme uniche nella continuità dello spazio“, mostra collettiva sulla pittura figurativa contemporanea, ideata e curata da Luigi Presicce.

La mostra sarà inaugurata sabato 19 gennaio alle ore 18, e resterà visitabile fino al 16 marzo, dal martedì al sabato, dalle 16.00 alle 20.00.

In mostra 11 artisti: Thomas Berra (Desio (MB), 1986. Vive e lavora a Milano e Chicago), Maurizio Bongiovanni (Tettnang, Germania, 1979. Vive e lavora tra Milano e Londra), Giovanni Copelli (Correggio, 1989. Vive e lavora a Reggio Emilia), Gianluca Di Pasquale (Roma, 1971. Vive e lavora a Milano), Pesce Khete (Roma, 1980. Vive e lavora a Roma e Zurigo), Valerio Nicolai (Gorizia, 1988. Vive e lavora a Venezia), Aryan Ozmaei (Tehran (IR),1976. Vive e lavora a Firenze), Vera Portatadino (Varese, 1984. Vive e lavora a Milano), Luigi Presicce (Lecce, 1976. Vive e lavora a Firenze), Andrea Salvino (Roma, 1969. Vive e lavora a Berlino), Davide Serpetti (L’Aquila, 1990. Vive e lavora tra Milano e L’Aquila).

Il titolo della mostra si ispira a quello della celebre scultura di Umberto Boccioni, l’artista futurista che volle fortemente mutare il concetto tradizionale di scultura statica a vantaggio di una scultura capace di rappresentare il dinamismo nell’arte.

“Il progetto mira a creare un percorso pittorico attraverso la figura o gli oggetti che a essa fanno riferimento. In termini semantici il titolo dell’opera di Boccioni allude a una serie di movimenti, più che di forme, che si susseguono nello spazio o nello sfondo se vogliamo parlare di spazio pittorico. Qui lo spazio può essere inteso anche come contesto, l’ambiente nel quale ci relazioniamo, quello dal quale ne traiamo ispirazione o semplicemente quello in cui siamo collocati e costretti a “essere” nello spazio.” (Luigi Presicce)

FORME UNICHE NELLA CONTINUITÀ DELLO SPAZIO
da un’idea di Luigi Presicce

Inaugurazione:  sabato 19 gennaio 2019, ore 18

Fino al 16 marzo 2019
Dal martedì al sabato, dalle 16 alle 20

Immagini installazione

Testo di Luigi Presicce

Forme uniche nella continuità dello spazio


Il progetto mira a creare un percorso pittorico attraverso la figura o gli oggetti che a essa fanno riferimento. In termini semantici il titolo dell’opera di Boccioni allude a una serie di movimenti, più che di forme, che si susseguono nello spazio o nello sfondo, se vogliamo parlare di spazio pittorico. Il titolo nella sua forma originale recita Forme uniche “della” continuità nello spazio e non “nella”, questo perché appunto l’opera di Boccioni si insinua nello spazio attraverso i suoi gesti e la sua disarmonia spigolosa quasi come un Mazinga bel lubrificato nelle giunture. Lo stesso dicasi per Uomo che scende le scale di Duchamp, più vicino a l’Uomo di latta del Mago di Oz che ad una forma sinuosa in movimento. Ciò non toglie che lo spazio a sua disposizione sia quasi completamente soffocato dalla scia che questa figura discendente lascia dietro di sé, come la bava di una lumaca o lo spazio che occupano le gambette e la coda scodinzolante del ben noto “bassotto al guinzaglio” dipinto da Balla.

Abbiamo sempre inteso lo spazio, dove stanno tutte le cose, come un contenitore, il concetto di white cube sembra ormai superato, se si pensa anche alle grandi manifestazioni in cui i palazzi più belli, diroccati e malconci diventano sale espositive (a volte molto in dissonanza con le opere inserite al loro interno). Oggi l’opera non vive più di vita propria, ma si consuma in un dialogo costante e mutevole con quello che ha intorno e con quello che stranamente ci si mette in relazione: oggetti, pensieri, altre opere ancora. Se potessimo dividere e collocare in maniera autonoma ogni piccolo gesto che la scultura di Boccioni compie nello spazio, questa sarebbe una mostra analitica, un po’ come usa fare quando si allestiscono gli archivi o le fotografie in serie tutte dello stesso formato. La figura che invece troviamo a falcare lo spazio è un corpo che in se non trattiene alcun movimento, anzi lascia che questi la deturpino in maniera invadente, anche se ciò non agevola la fluidità del deambulare in avanti. Il pensiero che ruota intorno a questa mostra non è altro che quello di creare un corpo compatto di opere che insieme si muovono nello spazio della galleria, creando nel suo passaggio spigoli appuntiti in grado da costringere lo spettatore a un’attenta virata.

Lo spazio del quadro poi può essere inteso anche come contesto, l’ambiente nel quale ci si relaziona, quello dal quale se ne trae ispirazione o semplicemente quello in cui si è collocati e costretti a “essere” nello spazio. Tutte le opere, diversissime tra loro, hanno in comune una scintilla, quella che parte dal sistema nervoso e fa muovere tutti gli apparati: questa scintilla è lo sguardo pittorico. Pensare in modo pittorico è come vedere tutte le cose come possibili soggetti del dipingere. Questa semplice “devianza” che tutti i pittori possiedono, è anche, spesso, la culla di un tormento interiore che difficilmente si placa se non unicamente attraverso la pratica quotidiana dello spalmare i colori sulla tela per creare delle forme. I veri pittori dipingono continuamente e quando non lo fanno, pensano a cosa dipingere di lì a poco. Io stesso, da pittore, vorrei essere come la Dea Kalì e Giano Bifronte al contempo per barcamenarmi tra decine di tele affrontate con più mani che spuntano da tutte le parti, spremono tubetti e impastano colori sulle tavolozze, e muovermi a grandi falcate nello studio guardando in tutte le direzioni quello che sta venendo fuori. Anche questa è un’immagine futurista.

Luigi Presicce

Artisti in mostra

Thomas Berra (Desio (MB), 1986. Vive e lavora a Milano e Chicago)

Nei lavori di Berra è spesso evidente la necessità di raccontare l’immaginario, il sognato, il reale e il vivo. L’artista negli ultimi anni ha sviluppato varie tematiche sotto forme finali diverse, con quel leitmotiv del suo timbro pittorico, veloce e sintetico. Carte, cartoline, disegni, tele grandi, piccole e medie, a delineare forme e temi che non lasciano dubbi: sono idee, sono visioni, sono sogni, sono paure, sono segreti. Nella produzione più recente è possibile notare una dichiarata ossessione verso il colore, nello specifico il verde, insieme a una rinnovata attenzione nei confronti dell’elemento vegetale. L’artista sembra essere spinto da un desiderio di essenzialità delle forme e dalle infinite sfumature e tonalità del verde, a cui viene lasciato un ruolo di strumento “immersivo” dello sguardo verso ambientazioni atemporali e oniriche.

Attento studioso della tradizione quanto della contemporaneità, Berra attinge a un vasto abecedario di suggestioni. Molteplici sono, infatti, i riferimenti alla storia dell’arte, alla filosofia e alla letteratura, fattore riconoscibile sia dai titoli scelti, che nella composizione stessa delle opere.

Ha partecipato a importanti residenze dentro e fuori l’Italia, tra cui: Fondazione Spinola Banna per l’Arte, Poirino (2018), Fondazione Pastificio Cerere, Roma (2017), Schafhof-European House of art upper Bavaria, Freising (Germania, 2017); Mana contemporary, Chicago (2015); Tabadoul space, Tangeri (2013). Tra le mostre personali selezionate, Tutti dobbiamo dei soldi al vecchio sarto di Toledo, presso lo Spazio Leonardo di Milano (2018); Verde Indagine, Placentia Arte, Piacenza (2017) Thomas, Room Galleria, Milano (2015), CIAO, Mana Contemporary, Chicago(2015) e Contemporary times / Alla ricerca del tempo perso e del tempo guadagnato, Fondazione Unicredit di Milano (2012). Tra le collettive recenti, Premio Cairo 2018 (Milano), Stupido come un pittore, Villa Vertua Masolo, Nova Milanese (2018) e Imago mundi, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino, 2016).

Maurizio Bongiovanni (Tettnang, Germania, 1979. Vive e lavora tra Milano e Londra)

Attraverso la pittura cerca di esplorare l’erotismo nella società dei consumi. Ogni suo dipinto rappresenta per l’artista un desiderio erotico di possesso, che subito svanisce una volta realizzato. Un appagamento effimero come di un orgasmo. Proprio come i beni di consumo che fanno accendere il desiderio di possesso, per poi riaccendersi nei confronti di un nuovo prodotto, e così all’infinito. Elementi cari alla sua pratica pittorica sono: il sesso, l’amore e l’erotismo. Il tema del sesso gli permette di realizzare dipinti incentrati sulla sfera animale, di cui l’essere umano possiede una grande presenza. Invece attraverso l’amore indaga questo sentimento in relazione alla cultura contemporanea come una difficile impresa, mentre il tema dell’erotismo, viene sviluppato come proclamazione fine a stessa. A Bongiovanni piace pensare ad una pittura frammentata come un iper-testo pieno di link e rimandi, dove ogni singolo dettaglio è un biglietto per un viaggio.

Ha partecipato a diverse residenze artistiche e ha vinto tre borse di studio al Vermont Studio Center in America, La Napoule Art Foundation Clews Center for the Arts in Francia e la Foundation Valparaiso in Spagna. Nel 2012 ottiene il premio italiano GAI – Associazione per il Circuito Giovani Artisti Italiani ed ha partecipato a workshop con Doug Ashford, Mario Airò, Liliana Moro, Felix Gmelin. Sue opere sono state selezionate dal direttore della Moca London Michael Petry e inserite nel suo libro “Nature Morte: Contemporary Still Life Artists Reinvigorate the Tradition”.

Giovanni Copelli (Reggio Emilia, 1989. Vive e lavora a Reggio Emilia)

Giovanni Copelli crea dipinti e sculture partendo da un complesso vocabolario di “immagini affascinanti” di diverse provenienze, nel tentativo di mappare i percorsi che le collegano e che ne stabiliscono i significati. Nelle sue opere sono riconoscibili temi e personaggi derivanti dal mito e dall’archeologia, dalla tradizione artistica e dalla cultura popolare. Copelli si interessa al ricorrere di temi e motivi che hanno trovato espressione in diversi luoghi ed epoche, e utilizza la sua ricerca per ricostruire un’identità culturale collettiva, avvicinando diversi materiali secondo un criterio di somiglianza e libera associazione.

Nel 2015 ha conseguito un Master in teoria dell’arte contemporanea presso la Goldsmiths University di Londra.

Ha collaborato a progetti curatoriali e collettivi come Viva l’Italia a cura di Mark Nash al Museo Archeologico di Bologna (2017). Nel 2011 è stato uno dei fondatori dello spazio indipendente INTERNO4 a Bologna. È stato tra gli artisti selezionati per l’edizione 2018 del Prix Ricard a cura di Neil Beloufa.

Tra le sue mostre più recenti: i progetti collettivi Anima Mundi, a cura di Neil Beloufa, Fondazione d’impresa Ricard, Parigi (2018); e Pietà / Sacra Conversazione, a cura di Emmanuelle Luciani e Charlotte Cosson, Southway Studio, Marsiglia (2017); e le mostre personali Amanti, Operativa, Roma (2017); e Per Sempre, Edicola Radetsky, Milano (2017). Giovanni Copelli realizza dipinti e sculture partendo da un vocabolario complesso di immagini affascinanti di diversa provenienza, nel tentativo di mappare i percorsi che collegano e definiscono i loro significati. Il suo lavoro è influenzato da un gran numero di riferimenti e stimoli visivi – temi e personaggi derivati dal mito, dalla tradizione pittorica, dall’archeologia e dal folklore – e vi ricorrono motivi specifici legati alle nozioni di sacro, thanatos ed eros.

Gianluca Di Pasquale (Roma, 1971. Vive e lavora a Milano)

Le tematiche del suo lavoro sono state diverse nel corso degli anni; Per un lungo periodo e tuttora si è occupato del vuoto in quanto contenitore del tutto, tipici di questo periodo sono una serie di lavori bianchi dove affiorano figure sospese nel vuoto. Un’altra caratteristica del lavoro è la ricerca dell’equilibrio che nasce dall’osservazione della natura e della sua incessante ricerca di equilibrio. Negli ultimi anni si è interessato anche agli archetipi e alla comunicazione inconscia che esercitano su di noi, di cui fanno parte i due lavori in mostra.

Mostre personali recenti: Galleria Monica De Cardenas, Lugano, 2017;Galleria Monica De Cardenas, Milano, 2014; Galleria Monica De Cardenas, Zuoz, 2012. Collettive recenti: La Collezione San Patrignano. Work in Progress, MAXXI, Roma, 2018; Work in Progress, La Collezione San Patrignano, La Triennale di Milano, Milano, 2018; AndarXPorte, Palazzo Archinto, Milano, 2017;You Can’t, Yellow, Varese, 2017; Locus Amoenus, Museo Tornielli, Ameno, 2017; , Casa Rossa, Anacapri, 2016; Don’t shoot the painter. Paintings from the UBS Art Collection, Galleria d’Arte Moderna, Milano, 2015; Tra Cielo e Terra, The Workbench, Milano, 2015; Public Privacy, Studio 6, Milano, 2015; Possibilità di un’isola, via Carlo Farini 68, Milano, 2014; Alcuni Paesaggi, CARS, Villa Giulia, Verbania, 2014; La Logica del Tornasole, CARS, Omegna, 2013; “Visible/Invisible”: A deep breath inside our mind and our sight, from “Noumeno” to “Fenomeno”, Italian Expo Pavilion, Shanghai, 2012; Travelogue, Art Incubator, Fondazione Capri, 2012; Appunti di pittura, MARCA, Catanzaro, 2011.  Collezioni pubbliche: 2017 Swiss Re art collection 2016 Cleveland Clinic art collection 2013 UBS collection 2006 Unicredit collection.

Pesce Khete (Roma, 1980. Vive e lavora a Roma e Zurigo)

Forse con la sola costante dell’uso della carta, nel corso degli anni Pesce Khete ha vagato con determinazione tra gli angoli dati dal medium della pittura. A ben vedere, forse sarebbe più appropriato allargare l’orizzonte e parlare più in generale di disegno, effettivo campo d’azione dell’artista. Figure, astrazioni, paesaggi in serie, sperimentazioni sugli oli liquidi e sui materiali, non sono state altro che pretesti per sondarne i limiti. La carta appunto, gli ha permesso di partire ogni volta senza un’idea o un formato precostituiti e, con l’uso dello scotch, ad un primo lembo di carta dipinto se ne poteva sempre aggiungere conseguentemente un altro, in una costruzione necessaria del supporto, nel pieno del fare e del ragionamento.  Controllo razionale, istintività, fiducia, censura, pieni e vuoti, con la costante che ogni tratto che si distingua dal colore neutro della carta è il frutto di un conflitto e di un esame superato, o per lo meno schivato.

Diplomato in “Animazione Multimediale” presso lo IED Istituto Europeo di Design di Roma. I suoi lavori sono stati esposti in Italia e all’estero in diversi spazi e istituzioni quali, Biennale di Praga (Praga, Repubblica Ceca), Biennale di Salonicco (Salonicco, Grecia), American Academy (Roma), Barriera (Torino), Fondazione per l’Arte (Roma), VOLTA NY (New York, Stati Uniti) e Drawing Now! (Parigi, Francia) con dei progetti personali, Museo Ciac (Genazzano, Roma), Museo GAMUD (Udine), Museo MARCA (Catanzaro), Ex Monastero dei Benedettini (Catania), Centro Cultural Ramón Alonso Luzzy (Cartagena, Spagna), Greenhouse (Berlino, Germania), Ex Fabbrica Orobia (Milano), MARS (Milano). Tra le altre mostre presso gallerie si ricordano Van der Stegen (Parigi, Francia), Ceri Hand (Liverpool, Regno Unito), The Flat-Massimo Carasi (Milano), Car Projects / Car Drde (Bologna), Isabel Hurley (Malaga, Spagna), Magda Bellotti Gallery (Madrid, Spagna), Localedue e GAFF di Fabio Farnè (Bologna, Milano), Ex-Elettrofonica (Roma).

Nel 2017 è stato selezionato per la rassegna “Deposito d’arte italiana presente” presso Artissima (Torino). Negli anni è stato in residenza presso “CARS” (Omegna, VB), “Painting Detours” (Nogaredo al Torre, Udine), “Studio36” presso Spike Island (Bristol, Regno Unito), “DIOGENE Bivaccourbano (Torino), Fondazione Lac o Le Mon (San Cesario, Lecce).

Valerio Nicolai (Gorizia, 1988. Vive e lavora a Venezia)

Nel suo lavoro Valerio Nicolai trova degli indizi e li elabora per dar vita a nuovi sensi a lui sconosciuti, che rimandano alla ricerca di altre logiche. Il lavoro si dipana come un rebus di immagini che svelano segreti celati all’interno dell’opera. Sono simboli sconosciuti – anche per l’artista stesso, che vivono quasi di vita propria: si scoprono, raccontano storie, lasciando sentire e percepire soltanto la loro presenza, negando in gran parte la relazione con chi li osserva. “Sento il dovere di dare spazio a questi dialoghi che esistono specularmente dentro di me e all’interno dell’opera”.

Nel 2012 ha conseguito il Diploma di specializzazione in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia e l’anno successivo ha ricevuto una borsa di studio presso la Fondazione Bevilacqua La Masa. Il suo lavoro è stato esposto in numerose gallerie e istituzioni, tra cui Treti galaxie, Torino, Italia, galleria Clima, Milano.

Aryan Ozmae (Tehran, 1976. Vive e lavora a Firenze)

L’artista iraniana vede la tela come un palcoscenico dove qualcosa accade e in qualche modo lei lo narra. La sua pittura è la ricerca di come raccontare quello che accade nella sua mente, nel suo cuore e davanti ai suoi occhi, trovando un equilibrio. Dipingere è questa ricerca, attraverso colori e forme, composizione e texture: a volte più importante del soggetto è il percorso dall’idea alla sua realizzazione. L’artista cerca di definire il meno possibile il lavoro, per non perdere la libertà di fare e godere il momento di dipingere. Come nella sua vita, dove cerca di perdersi tra i confini delle sue storie e dei suoi paesi.

Laureata al biennio specialistico dell’Accademia di Belle Arti, che segue la laurea presa alla Azad Art and Architecture University di Tehran. Tra le mostre personali: A Studio Abroad, a cura di Pietro Gaglianò, SRISA Gallery, Firenze; Paesaggio Dentro, bipersonale a cura di Pietro Gaglianò, Galleria Susanna Orlando, Pietrasanta; SPLEEN, Etemad Gallery, Tehran/Studio 70r, Firenze; Asar Art Gallery, Tehran; e la partecipazione alle collettive: Invisible Borders, a cura di Pietro Gaglianò, SRISA Gallery, Firenze; Controcarretta della Speranza (CCDS), B.A.D, Pietrasanta/Castello di Pantelleria; Startpoint/Animalpoint, a cura di Valentina Filice, Studio 70r, Firenze; Private Flat #6, PF# 6.10, Firenze; oltre a numerosi progetti in Italia e in Iran.

Vera Portatadino (Varese, 1984. Vive e lavora a Milano)

La ricerca di Vera Portatadino si sviluppa a partire dall’esperienza quotidiana di precarietà, trasformazione e contraddizione. Attraverso la lenta e tangibile pratica pittorica, l’artista indaga per contrasto il ruolo di natura e contemplazione, in una società che accelera rapidamente verso il virtuale.  Affascinata dalle possibilità offerte dalla tecnologia e dalle tangenti che si snodano tra arte e scienza, esplora soggetti che confondono i confini tra macro e microcosmo, per ripensare da diverse prospettive le peculiarità della vita umana e della natura sulla Terra. La natura mi ha sempre interessato perché credo sia la verità, l’essenza dell’esistenza, da contemplare. Essa rende evidente la contraddizione tra la bellezza e la drammaticità di cui siamo partecipi come essere umani. Allo stesso tempo ci pone in rapporto con il cosmo e con ciò che sfugge al nostro controllo.

Colleziona elementi botanici e naturali, reliquie organiche e a volte inorganiche, raccolte durante le camminate giornaliere e scoperte ai margini delle strade, dei boschi o, ancora, avanzi di vita sparsi sui marciapiedi. Meticolosamente li raccoglie e li porta in studio per conservarli e osservarli, quasi come fosse una pratica scientifica. Li dipinge dal vero e usa la tela come se fosse un vetrino, su cui ingrandire, attraverso il pennello, la concretezza delle cose che esistono. Delle cose che restano.  La sua opera ha a che fare con il tempo, come spesso testimoniano i titoli. Con la pittura cerca di tenere insieme passato, presente, futuro.

Dopo essersi diplomata alla NABA di Milano, nel 2009 ha conseguito un Master in Fine Art al Chelsea College of Art and Design di Londra. Nel 2014 ha fondato Yellow, un progetto di ricerca incentrato sulla pittura contemporanea.

Luigi Presicce (Porto Cesareo, Lecce, 1976. Vive e lavora a Firenze)

Formatosi nell’ambito della pittura, ormai da anni sintetizza i risultati dei propri studi nel linguaggio della performance, mettendo in scena tableaux vivant dal carattere metafisico surreale, ricchi di allegorie e allusioni simboliche all’esoterismo, alla religione e alle tradizioni della sua terra, il Salento. Il dato performativo convive in perfetto equilibrio con quello rituale e con la consistente stratificazione di rimandi culturali alla storia dell’arte e a personaggi e avvenimenti della storia recente. Abiti, maschere cieche piramidali, maschere mortuarie d’oro, divise sacerdotali e massoniche, oggetti apotropaici contribuiscono a creare una tensione misteriosa e sacrale nell’opera di Presicce. Lavori dove la forza simbolica dell’immagine è molto intensa e l’impianto costruttivo dichiara la propria matrice pittorica. L’universo visivo a cui i molteplici riferimenti presenti nelle sue opere si rifanno affonda spesso le radici nell’arte italiana del Trecento e del Quattrocento, dalle Storie della Vera Croce di Piero Della Francesca e di Agnolo Gaddi agli affreschi del convento di San Marco del Beato Angelico, dalla Cappella degli Scrovegni di Giotto alle Storie di San Silvestro di Maso Di Banco, ma non solo, si arricchisce infatti di echi provenienti dall’iconografia popolare, da memorie collettive e personali legate a tradizioni e credenze antiche. Tutto il lavoro di Luigi Presicce, sottratto all’oblio del tempo, rimette in gioco un patrimonio di segni e concetti ancora presenti tra le risorse della nostra immaginazione, un’eredità che compone un linguaggio comune, di cui l’artista si sente tramite e che ci viene offerto rinnovato attraverso il linguaggio contemporaneo.

Ha frequentato l’Accademia di Belle Arti a Lecce, dove però ha rinunciato al titolo per continuare a formarsi da autodidatta. Nel 2007 partecipa a un corso avanzato di arti visive, proposto dalla Fondazione Ratti di Como, e diretto dall’artista americana Joan Jonas. Nel 2008 pubblica, insieme a Luca Francesconi e a Valentina Suma, il “Brownmagazine” e nel 2011 a Lecce fonda, in collaborazione con Giusy Checola e Salvatore Baldi, “Archiviazioni”, un ente per la ricerca e il dibattito sul Sud nel tempo presente. Nel 2010 è invitato a Documenta, a Kassel, e nel 2012 è artista residente presso il MACRO a Roma.

Andrea Salvino (Roma, 1969. Vive e lavora a Berlino)

La ricerca artistica di Salvino è strettamente connessa alla storia e trae ispirazione dall’iconografia politica, sociale e cinematografica del ‘900 Italiano ed Europeo fino ai nostri giorni. Il suo lavoro può essere inteso come una pagina di storia non ufficiale scritta per immagini attraverso aneddoti e dettagli tratti da documenti figurativi. I soggetti che Salvino fa vivere nelle carte disegnate e nelle tele dipinte sono fotogrammi storici individuati tra fotografie, vecchie cartoline, libri, pellicole o stampe e selezionati poiché motivi iconografici particolarmente significativi e capaci di descrivere l’epoca dalla quale derivano e la cultura di riferimento. Le vicende politiche, la guerra, la pronografia, l’erotismo, il costume e il cinema si susseguono nei disegni di Salvino come se fossero dei frammenti di una realtà passata in grado di fornire e restituire all’osservatore un “pezzo” di identità. Infatti Salvino, senza aver la pretesa di prendere posizioni politiche o ideologiche, svela con le sue opere l’importanza e il potere delle immagini quali elementi che inducono a ricordare, a evocare un fatto storico o altro. E infine, a riconoscere un mondo di appartenenze che va oltre ogni tabù. I soggetti sono trattati dall’artista con familiarità quasi ossessiva, attraverso un tratto veloce e marcato capace di trasmettere vigore e di nutrire l’immaginario dell’osservatore.

Ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di roma, diplomandosi nel 1993. I suoi lavori sono stati esposti in numerose istituzioni internazionali, tra le più recenti vi sono: Palazzo Ducale di Genova (G: 2017); Istituto Italiano di Cultura, Hammer Museum and Laxart, Los Angeles, CA (G: 2011); Castello di Rivoli di Torino (G: 2011; 2015); Museo MACRO di Roma (S: 2015; G: 2009); Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea, a Torino (G: 2014, 2011); Fondazione Sandretto Re Rebudengo, Torino (S: 2011; G: 2002); Galleria d’Arte Moderna di Bologna (S: 2001); Fondazione Adriano Olivetti di Roma e Ambasciata d’Italia a Berlino (G: 2011); Hammer Museum, Los Angeles (G: 2010); Museum of Contemporary Art di Chicago (G: 2009); Dome City Center di Beirut, Fondazione Merz di Torino, Palazzo Grassi di Venezia (tutte G: 2008); Centre per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato (G: 2008, 2000); Palazzo delle Esposizioni di Roma (G: 2008, 1996); American Academy in Rome (G: 2008, 1995); al Museo MAXXI di Roma (G: 2007); Hangar Bicocca di Milano (G: 2006); Midway Contemporary Art di Minneapolis (G: 2005); Fondazione Nicola Trussardi di Milano/Venezia (G: 2004). Nel 2007 Andrea Salvino ha partecipato alla Biennale di Arti Grafiche di Ljubljana e nel 2003 ha preso parte alla 50° Biennale d’ Arte Contemporanea di Venezia. L’artista attualmente vive e lavora a Berlino.

Davide Serpetti (L’Aquila, 1990. Vive e lavora tra Milano e L’Aquila)

La sua ricerca artistica si basa su tre elementi tra cui le sue opere oscillano in diversi livelli di intensità: l’eroe, la scultura e la bestia. Ogni opera è come un racconto in cui l’eroe sconfigge la bestia per raggiungere il suo successo personale. Per Carl G. Jung la libertà si raggiunge solo con la comprensione che sconfiggere l’ombra è inutile senza servirsene. Nella maggior parte dei suoi dipinti questi tre elementi esistono come chimere, intese sia come qualcosa composto da parti diverse, o anche percepito come immagini selvaggiamente fantasiose, non plausibili, o abbaglianti.  Per l’artista l’importanza delle piattaforme di condivisione delle immagini gioca un ruolo importante nella sua  ricerca, in quanto lavora per descrivere il contrasto tra forme fisiche uniche che sembrano essere svalutate nella società moderna e immagini condivise di massa che riescono a modellare la bellezza dominante. Le opere presentate fanno parte del progetto iniziato con “Clash of Jam (Samurai con frecce rosa)” dove combina volti di personaggi famosi con corpi di samurai raffigurati da Utagawa Kuniyoshi. Oltre a questo ci sono oggetti dipinti (frutta, piccole sculture, mandala, frecce …) che hanno lo scopo di creare un bizzarro senso del caos. Eroi contro i loro demoni nel mezzo di una realtà ostile. In particolare ha focalizzato l’attenzione su un’icona pubblica, un eroe contemporaneo come Leonardo Di Caprio, guardato da come un dio greco, e di conseguenza ritraendolo come i maestri del passato erano soliti farlo. In molte occasioni ha dimostrato la sua versatilità nel trasformarsi in una “bestia”, nella maggior parte dei suoi ruoli drammatici. Diventata una vera ossessione, l’artista ha dipinto oltre 40 Leonardo Di Caprio, e il lavoro che presenta, “Clash of Jam (Samurai with pink arrows)” è l’ultimo con cui si chiude il progetto.

EDUCATION 2014-2016 MFA, Royal Academy of Fine Arts – KASK (School of Arts), Ghent, Belgium. 2013 Internship with the artist Marco Bongiorni, Milan.
2009-2012 BFA Painting and Visual Arts at NABA, Nuova Accademia di Belle Arti, Milan.COLLECTIVE EXHIBITIONS 2017 – ArteFiera with Galleria Giuseppe Pero, Bologna 2016 – L’Invisibile, Galleria Giuseppe Pero , Milan, Italy ArtVerona 2016 with Galleria Giuseppe Pero, Verona 2015 – WHAT IS YOUR POISON?, Croxhapox, Ghent -HEADS, Yellow Space, Varese
– ArteFiera 2015 with Galleria Giuseppe Pero, Bologna -Graduation Show 2015, KASK, Ghent-Komask Prize, Master Salon 2015 Opening, Royal Academy of Fine Arts, Antwerp -Komask Prize, Master Salon 2015, Le Grand Cutius, Liège 2014 – #PITTURA, Galleria Giuseppe Pero, Milan
-ArtVerona 2014 with Galleria Giuseppe Pero, Verona
-don’t steal my moment / a collaboration between KASK – School of Arts Gent and Kunstakademie Dusseldorf,Zwarte Zaal, KASK, Ghent 2013 -“Amore mio” at Flash Art Event, Palazzo del Ghiaccio, Milan -COBALTO40, Il Crepaccio, Milan, curated by Yuri Ancarani. 2012 – Barbarie, Viafarini DOCVA, Milan, curated by Marcello Maloberti and Adrian Paci -Brera Vs Naba, Il Crepaccio, Milan 2010 – Not Feeling At Home, Galleria Artra, Milan. PUBLICATIONS 2016
– the painting “The Leocoon’s Triptych – First part” as the Cover of “Exibart #95”, 2015
– the painting “Study for a Lion” on the catalog “Imago Mundi” from Luciano Benetton’s Collection.