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Giuliana Barbano

Puoi parlarmi un po’ di te?

Sono nata a Catania nel 1992, ho abbandonato il primo percorso universitario in Architettura per iscrivermi all’Accademia di Belle Arti di Catania dove ho frequentato il corso di Decorazione (Product Design). Nel 2018 mi sono trasferita a Palermo, qui ho completato il mio percorso accademico in Decorazione ma posso dire di aver frequentato anche il corso di Scultura che “visitavo” regolarmente. Adesso vivo e lavoro a Palermo.

Come e quando ti sei avvicinato/a all’arte?

Credo di essere da sempre vicina all’arte, mio padre lavorava ai campionari di abbigliamento, riempiva il tavolo e le giornate tra accostamenti di cartelle colori, tessuti e ritagli di giornale; credo che tutta quella confusione mi abbia condotto all’arte.  

Quali sono gli artisti cui guardi? E perchè?

Non ci sono degli artisti precisi cui guardo, posso piuttosto definire degli sguardi attenti e delle letture diverse che continuano ad ispirare un pensiero. Potrei citare degli artisti come Mona Hatoum per l’utilizzo di oggetti ostili e spesso invalicabili, Louise Bourgeois per la poetica introspettiva che risiede nelle sue Celle e Christian Boltanski per i suoi volti melanconici che contengono solo delle tracce di identità. 

Puoi parlarmi della tua ricerca artistica?

La mia ricerca è principalmente legata alla trasposizione delle immagini in forma oggettuale, questo mi conduce spesso all’utilizzo di accostamenti ed analogie visive e di significato tra soggetti ed oggetti differenti, al collage (più in forma digitale) e alle video installazioni. Le immagini che mi attraggono sono quelle dove è presente una disgregazione, dove manca l’ironia. 

Qual è il materiale preferito? E perchè?

Il materiale che spesso rivela un mio pensiero è il metallo, freddo, inerte e rigido. 

Quanto è importante il processo?

Il processo diventa spesso per me il lavoro stesso. A volte per la realizzazione di un lavoro inizio da un collage o da un video, questo poi diviene struttura ma è lì che risiede tutto. Da questo emerge una piccola indicazione, un pensiero, una forma; il processo è per me una forma di importante traslazione. 

A cosa stai lavorando adesso?

Se accumulare si può definire un lavoro, allora quello lo faccio di continuo, fa parte della ricerca. Metto da parte immagini in forma digitale, inserisco pezzettini di carta tra i libri illustrati di medicina, acquisisco screenshot di pubblicità di dispositivi medicali, raccolgo immagini fotografiche e radiografiche. Questa è la parte incessante del lavoro. 

Puoi parlarmi del tuo studio?

Il mio studio è a volte il cortile di casa, a volte il computer ed altre il tavolo per pranzare. Potrei parlare di uno studio ideale, allora li vorrei un pavimento grigio e le pareti bianche o semi-piastrellate, luci al neon ed una saracinesca per entrare.  

Cosa ti eccita di più del tuo fare arte?

Sono gli impulsi che definiscono una forma quelli che mi entusiasmano, i momenti della ricerca stessa, quella primissima parte del lavoro legata all’osservazione, la parte del cambio di rotta e soprattutto quella che ti fa tornare all’idea prima.

Come trascorri il tuo tempo quando non lavori?

Mi dedico a cose semplici, a ciò che mi fa stare bene emotivamente in quella particolare giornata. Lo trascorro con i miei cani, passeggiando, vedendo gli amici. 

Cosa ti appassiona?

Mi appassiona studiare, approfondire…nel tempo libero ho pensato persino di iscrivermi in veterinaria…!

Qual’è il più grande desiderio?

Il più grande desiderio credo sia non perdere mai la propria motivazione e credo anche che sia quello della maggior parte della persone.

Puoi dirmi il libro, il disco, il film e il piatto preferito?

Potrei definire delle categorie per ognuna di queste cose. Prediligo i testi sociologici e antropologici, la musica rock e i film documentari e di guerra. Non ho alcun dubbio invece sulla pasta alla carbonara!

Giuliana Barbano  Opere / Arworks 

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